giovedì 30 luglio 2020

Recensione di: Il dolce domani di Banana Yoshimoto


La sensibilità e la finezza d’animo di tale scrittrice si percepisce non solo dalle pagine del libro, ma anche dal motivo che ha determinato la stesura del testo, ovvero, come si legge dalla post prefazione, a pag.101, per via del terremoto di Fukushima dell’11 marzo 2011 e la conseguente scomparsa di molte persone, ha suscitato in Banana Yoshimoto il desiderio di poter dare il suo contributo verso tutti i sopravvissuti, ovunque essi siano. Il testo in oggetto, racconta la storia di Ishiyama Sayoko, sopravvissuta ad un sinistro stradale dove perse la vita il suo compagno Yȏichi, in seguito all’incidente, la protagonista si trova in bilico fra vita e la morte e ricorda di aver incontrato nell’aldilà il nonno ed il suo fedele cane da compagnia. Superstite dopo un bastone di ferro conficcato nello stomaco e delle vistose cicatrici alla Frankenstein sullo scalpo, Sayo-chan, dedica la sua vita alla custodia e alla salvaguardia i libri e le opere artistiche del defunto fidanzato, in compagnia dei suoceri con cui conserva un legame molto forte. Durante il romanzo Sayo-chan è alla ricerca del suo Mabui, ovvero, qualcosa che assomiglia sempre più all’anima, subito dopo il sinistro scopre di avere la capacità di vedere i fantasmi e si trasferisce in un palazzo fatiscente dove abita e conosce Ataru e la sorella Kitakaze, nonché figli della defunta Sazanka, che solo lei vede. Il romanzo prosegue fra visite di fantasmi e serate al locale di un personaggio enigmatico di Okinawa, ma che in realtà è in grado di vedere i fantasmi anche lui, il resto è tutto da leggere.

Secondo il mio punto di vista: l’intero romanzo si compone di quasi 100 pagine, devo ammettere di averla trovata una lettura piacevole e tranquilla, tuttavia ho avuto la sensazione che dopo il sinistro stradale, Sayo-chan, nonostante lei fosse turbata dalla scomparsa di Yȏichi, si scopre maggiormente viva solamente dopo l’incidente e la perdita di conoscenza fra la vita e la morte, il pregio della scrittrice nipponica è quello di evidenziare il desiderio di vita come un dono che si valorizza solo ad un passo dal punto di non ritorno, regalando tale romanzo a tutti i sopravvissuti del terremoto del 2011 che come Sayo-chan hanno vissuto un esperienza simile.
La ricerca del Mabui (dell’anima secondo le credenze di Okinawa), accompagna Sayoko fino alla fine del libro, quindi terminato il viaggio, lei ritrova la sua anima ed il desiderio e la gratitudine verso la vita.
L’autrice giapponese ha il grande dono di trasmettere serenità al lettore, quella pace dei sensi che una pagina dopo l’altra cerca e riscopre Sayoko, pertanto, la descrizione dell’emozioni e la profondità dei sentimenti, emerge in uno stile elegante, morbido e leggero.
Anche i dialoghi sono sobri e scorrevoli, brevi ed al punto giusto, mentre una caratteristica unica della Yoshimoto è la descrizione dell’ambiente circostante, richiamando la natura e le bellezze di Tokyo e Kyoto in modo semplice e dettagliato.
Sicuramente un altro messaggio che possiamo cogliere fra le righe è l’importanza di farsi ricordare dopo la morte, messaggio già richiamato in passato nei “Sepolcri” di Ugo Foscolo, ma che per la filosofia orientale evidenzia l’importanza ed il rispetto dei defunti.

Conclusioni: sul giornale La lettura del mese di giugno 2020, è stata pubblicata un’intervista a Banana Yoshimoto dove racconta di aver scritto tale romanzo dopo l’incidente di Fukushima del 2011 e parlando dell’aldiquà e dell’aldilà ammette: “in certi istanti si chiude uno squarcio sull’altro mondo. Le religioni delineano confini: ma per raccontare il mistero dell’anima è quasi più necessario un approccio scientifico”, da qui si coglie la sua visione profonda e quasi analitica del fenomeno morte, descrivendo i fantasmi come degli emissari che ci fanno compagnia per vegliare su di noi.Alla fine dell’intervista l’autrice giapponese ha dichiarato che non scriverà più libri, dedicando il suo tempo alla stesura di piccoli racconti online.
Alla luce dei fatti, “Il dolce domani” rappresenta un libro da collezione se dovesse risultare l’ultimo testo della Yoshimoto, un romanzo maturo, frutto dei testi precedenti, rappresentando l’apice della bravura letteraria di tale autrice ma nello stesso tempo espressione di un pensiero di pace spirituale cresciuto e consolidato nel tempo.Posso affermare di essere rimasto incantato e sorpreso come non mi accadeva da lungo tempo leggendo un libro della Yoshimoto, leggetelo anche voi, vi piacerà.

Vi lascio con alcune curiosità e frasi estratte da questo splendido libro: 
  •        “Datti ancora un po' da fare sulla terra. Il tuo ragazzo se l’è filata troppo in fretta e non sono riuscito a incontrarlo, pazienza. Ma tu devi tenere duro. Vivere è la cosa più importante, quindi vivi. Non pensare agli altri, ma a tuo padre e tua madre cerca di stare vicino. La pancia ti fa male, per un po' te la vedrai brutta. E non parlo di un dolore lancinante, ma piuttosto di uno stillicidio, quindi non sarà facile. Porta con te il ricordo di questo paesaggio, serbalo nel cuore. Da qualche parte, in profondità, ti aiuterà ad andare avanti.”;
  •     “Ma le opere vivevano ancora nei parchi, nelle hall degli hotel, nei giardini dei musei, e non c’era niente di effimero in tutto questo. Irradiavano i colori della vita che lui aveva conferito loro, e a furia di rincorrerle cominciavo ad avere chiaro il fine del mio lavoro. Le sue opere non erano lui. Ma lo mettevano in comunicazione con il presente, anche se era morto, ed erano dotate di vita propria. Avevo persino la sensazione che circolasse in esse un’energia pari a quella che anima gli esseri umani.”;
  •        “Non sarei fuggita, e nel momento in cui presi questa decisione capii finalmente cosa voleva dire perdere il mabui. Quella sensazione di familiarità con la morte somigliava a ciò che si prova quando, di notte in una camera d’albergo, ci ritroviamo privati del palcoscenico si cui viviamo la nostra vita.”;
  •        “Dopo l’incidente mi resi conto che sono piccoli gesti come questo a cementare le amicizie. Non è come parlare per intere notti, dormire o viaggiare insieme, si tratta di piccole premure che ci scambiamo quotidianamente e che a poco a poco diventano fortezze di fiducia.”;
  •        “L’inquietudine è una reazione tipica per quelli a cui si è aperto un buco nella pancia. Prova a leggere le opere tarde di Natsume Soseki. A prima vista sembra che l’inquietudine arrivi dall’esterno, invece arriva da dentro, dagli organi interni. Ma tra interno ed esterno in realtà non c’è alcuna differenza, siamo solo noi uomini a creare confusione. Lo capiamo soltanto quando il corpo viene meno.”;
  •        Canzone dei falò: “Camelie, lungo la strada. Falò, falò, con le foglie cadute. Ci avviciniamo? Avviciniamoci. Il vento del nord soffia woosh.”
    La seguente canzone la trovate in giapponese al su youtube: la canzone dei falò;
Dettagli sull’edizione italiana:

La copertina: flessibile
Titolo italiano: Il dolce domani
Titolo originale: Sweet hereafter
Autore: Banana Yoshimoto
Lingua: Italiano
Formato: Brossura
Collana: I narratori
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: La Feltrinelli
Genere: Narrativa moderna e contemporanea
Pagine: 112

mercoledì 22 luglio 2020

Recensione di: Meraviglioso di Felicita Magarini


Difficilmente il sequel o il secondo capitolo di un film di successo, riceve da parte del pubblico le stesse aspettative del suo predecessore, Felicita Magarini, mi aveva dato appunto l'impressione di aver lasciato qualcosa in sospeso nel suo Nelli, punti chiave della storia in cerca di una spiegazione esaustiva.
Nel secondo libro, la scrittrice racconta le vicissitudini di Nelli, alle prese con i suoi sentimenti per Semdy, nel pacifico e tranquillo paese di Monteverde. Il romanzo inizia con Nelli sempre indaffarata con la fattoria, in compagnia di sua nonna Beatrice e Melody, per poi proseguire con una finestra del rapporto fra Semdy e la protagonista. Tale legame nonostante sia messo duramente alla prova, cresce e si rafforza con l'amore versi i propri cavalli, Furore e Stella, dai cui nascerà un piccolo puledro di nome Merveilleux ovvero Meraviglioso.
Il resto della storia è tutto da leggere, non mancheranno colpi di scena per una trama scorrevole ma dai risvolti imprevedibili, salvo la fine che non poteva concludersi con un matrimonio (Appena sarebbe tornato Don Dino per usare le parole della nonna Beatrice).

Il mio punto di vista: dalla stesura di Nelli, Felicita Magarini ne ha fatta di strada a cavallo o senza poco importa, ma i progressi saltano all'occhio, per via di uno stile da sempre scorrevole ma con maggiori dettagli nella descrizione dell'emozioni dei personaggi, peculiarità unica per tale scrittrice, anche le ambientazioni sono abbastanza curate. Leggendolo ho avuto la sensazione di seguire due filoni paralleli ed intrecciati fra di loro, da una parte le vicende ed i litigi fra Nelli e Semdy, dall'altra il loro rapporto verso i cavalli Stella e Furore.
Chiaramente il nome meraviglioso oltre ad essere il nome del piccolo puledro è la chiave di questo rapporto, perché "Meraviglioso" non poteva essere titolo più indicato per rappresentare metaforicamente i sentimenti di Nelli verso la vita e l'amore del suo compagno.
Il romanzo segue un filone narrativo chiaro e svela alcuni particolari anche del primo romanzo, basti pensare che la copertina con la lince del primo libro non è del tutto casuale, con un chiaro riferimento al desiderio di Nelli di aprire un centro veterinario per specie animali protette, fra cui la lince rossa.
Dal libro traspare una grande empatia, una tempesta d'emozioni frutto della vita dell'autrice di cui emergono dei riferimenti autobiografici, tutto ciò perché per descrivere uno stato d'animo bisogna viverlo prima di tutto. Altresì, l'impaginazione è lineare con piccoli spazi e soste fra i dialoghi, questo punto è stato per me particolarmente gradito perché permette al lettore di prendere fiato.

Conclusioni: Meraviglioso è un libro da leggere lentamente e con tranquillità, sicuramente per apprezzarlo è necessario sfogliare Nelli, altrimenti il lettore non coglie la connessione con il testo precedente. Nonostante mi trovo davanti un testo di circa 200 pagine, devo ammettere di non averle sentite per nulla, la vita sentimentale di Nelli ha colto in pieno il mio interesse suscitandomi grande curiosità, tirando le somme posso affermare che Felicita Magarini mi ha fatto sognare, sorpreso ed incantato e spero anche a voi.

Vi lascio con alcune curiosità e frasi estratte da questo splendido libro:

  • “Vedi, te lo dico sempre che ha preso da me, tranne il fatto che non sa cucinare, però in compenso mangia, e si ingozza come un’oca, strano che tu non te ne sia accorta.”;
  • “Quando è venuta giù la montagna pensava che avesse coperto monte Falco, la tua casa, è impazzita, è corsa via su per la montagna per venire da te! Per fortuna l’ha trovata il mio Pilip, altri trenta minuti e non c’era più, assideramento. Poi, cosa ci sta facendo passare! Piange, piange, piange sempre perché ti ama e non ti vuole perdere, aveva il terrore che tu te ne stessi andando... non ti dico...”;  
  • “Io lo so, io lo so... si chiamerà DUE ALI PER LA LIBERTÀ! 
  • “In Meraviglioso esiste un amore che non ha corpo, è l’amore del cuore, è imprendibile, persistente e spesso fa male, ma non puoi farne a meno, MERAVIGLIOSE sono le persone che rimarranno indelebili nella mia mente, persone che mi mancheranno sempre, persone che hanno avuto un ruolo fondamentale nella mia vita”

Dettagli sull’edizione italiana:


La copertina: Flessibile
Titolo: Meraviglioso
Autore: Felicita Magarini
Lingua: Italiano
Data di pubbl.: maggio 2020
Casa Editrice: Gruppo Albatros Il Filo
Collana: Nuove voci. Strade
Genere: Narrativa
Pagine: 214 pagine

domenica 19 luglio 2020

Recensione di: A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia

Era il novembre del 1965 quando Italo Calvino scriveva a Sciascia a proposito del suo libro “A ciascuno il suo”, per congratularsi con lui per l’originalità dell’opera, trattandosi di “un giallo che giallo non è ma letto con la stessa passione con cui si leggono i gialli”, tuttavia nel caso di Sciascia appare evidente che nell'ambiente siciliano è impossibile parlare di romanzo giallo.
Il libro è un pezzo da collezione, ed inizia con il recapito di una lettera contenente una minaccia di morte al farmacista Manno, ritrovato successivamente morto nel luogo dove praticava la caccia, in compagnia del suo caro amico il dottore Roscio, immediatamente si pensa ad un delitto passionale, per via delle tresche del farmacista, ma probabilmente si tratta solo di chiacchiere da paese.
Successivamente l’abile e sveglio professore d’italiano e di latino Paolo Laurana ed amico di una delle vittime, inizia a sospettare che si tratta più di un delitto legato alla vendetta. L’investigatore partendo da alcuni indizi quali ad esempio alcuni numeri del giornale “L’Osservatore romano” di cui sono state ritagliate le lettere degli articoli per la minaccia di morte e scavando nelle vite delle vittime, scoprirà altarini mai considerati dai famigliari del farmacista e del medico, fino alla soluzione del caso.

Secondo il mio punto di vista: nel libro di Sciascia per i più arguti appare un passaggio che si scoprirà essere la chiave del giallo, così sta scritto: “Eccolo qui l’UNICUIQUE, tale e quale quello che era affiorato dal rovescio della lettera. UNICUIQUE SUUM, a ciascuno il suo. Bei caratteri di stampa, la coda della q elegantemente falcata. Poi le chiavi incrociate e il triregno e, con gli stessi caratteri, NON PRAEVALEBUNT. A ciascuno il suo: e anche al farmacista Manno e al dottor Roscio”.
Il libro è un treno in corsa che dall'inizio alla fine corre verso la soluzione del giallo, trascinando e scaraventando fra le pagine indizi che poco alla volta andranno a comporre il puzzle finale.
Lo stile è scorrevole, incalzante, piacevole, non particolarmente forbito, in alcune espressioni emerge una certa "sicilianità" che rendono l’opera speciale e da cui è possibile cogliere il contesto in cui è ambientato il romanzo.
Anche i dialoghi sono brevi con i doppi sensi, creando ancora più curiosità nel lettore, ed i capitoli (diciotto in tutto), sono della durata di circa dieci pagine ciascuno ed anche meno.
Sicuramente nei suoi testi Sciascia dimostra che l’intelligenza e una cultura superiore possono avere una visione delle cose più profonda e più vera di quella visione apparente e superficiale.
Alla pari di Pirandello e di altri scrittori siciliani non bada alle apparenze e dimostra che dietro una situazione paradossalmente divertente in realtà nasconde una risata amara ed ironica al col tempo.
Sciascia parla anche degli uomini in generale, e degli italiani in particolare, i suoi giudizi fanno sempre riflettere non necessariamente perché sono veri, ma perché sono interessanti e soprattutto virtuosi del non detto e della semplicità dei fatti.

In conclusione: Leonardo Sciascia è un classico della letteratura italiana del secondo novecento, che non può mancare alla libreria di un qualsiasi lettore, per certi versi con la sua “sicilianità” mi ha ricordato Pirandello e Camilleri.
Il testo in questione si legge in pochi giorni ed è una corsa contro il tempo, pensate dall'inizio alla fine non ricordo nemmeno il giorno in cui ho iniziato a leggerlo.
Con ciò non voglio avere la presunzione di consigliare il testo ad occhi chiusi, ma se vi piacciono i gialli ed avete apprezzato le serie televisive del commissario Montalbano, “A ciascuno il suo” di Leonardo Sciascia dovete leggerlo assolutamente.

Vi lascio con alcune curiosità e frasi estratte da questo splendido libro:
  • “L’esperienza, non c’è che dire. Tempo perso mettersi a cercare un ago in un pagliaio, quando si sa che è un ago senza cruna, che non si può infilare alla sequela delle indagini. Lui, invece, era rimasto abbagliato da quel dettaglio. Un giornale che aveva due soli abbonati in tutto il paese: un indizio preciso, che apriva la strada dritta delle indagini. E invece metteva in un vicolo cieco.”;
  • “che sedurre due o tre donne insieme è più facile che sedurne una sola”.

Lungometraggio tratto dal libro:

Dettagli sull’edizione italiana:

La copertina: Flessibile
Autore: Leonardo Sciascia
Lingua: Italiano
Data di pubbl.: edizione 2016
Casa Editrice: Adelphi edizioni
Collana: Gli Adelphi
Genere: Romanzo Giallo
Pagine: 152

sabato 18 luglio 2020

Intervista a Rosa Maria Di Natale relativa al workshop sul reportage narrativo



Nell’arco della vita si conoscono tante persone, ma poche dilettano il nostro intelletto con il loro immenso sapere. Ascoltare e discutere con Rosa Maria Di Natale, giornalista per Repubblica Palermo, ha suscitato in me, oltre che un onore, un’emozione senza fine.
Durante la nostra chiacchierata si è parlato del rapporto tra realtà e finzione all'interno del giornalismo e in particolare del reportage narrativo, genere che analizza fenomeni sociali contemporanei attraverso uno stile fortemente letterario.

Ho chiesto alla mia ospite se giornalista si nasce o si diventa?
Rosa Maria mi risponde senza troppi giri di parole, sostenendo che si può nascere con la voglia di raccontare il mondo e di osservare la realtà, però fare il giornalista significa immedesimarsi in un mondo di verifiche, dove bisogna esaminare ciò che accade ogni giorno attorno a noi, quindi, ciò presume la padronanza di una tecnica, una vita da dedicare ad un certo tipo di scrittura, ed anche se da una parte c'è la voglia di raccontare, una buona parte del mestiere si impara sul campo.
Poi ho spinto dalla curiosità del workshop sul reportage narrativo, ho fatto qualche domanda in merito, ovviamente, dalle sue risposte emerge chiaramente che dal reportage giornalistico bisogna tenere distinto il reportage narrativo, trattandosi pur sempre di due stili simili ma differenti.

Rosa Maria mi racconta che l'idea sul workshop del reportage narrativo nasce da una proposta alla libreria Vicolo Stretto di Catania, aggiunge anche che lo stile del reportage narrativo è uno stile ibrido a cavallo tra il reportage giornalistico e la narrazione, non perché il reporter narrativo si inventa le cose, ma gli è consentito in più l'elemento dei dialoghi, della descrizione dei luoghi, ergo,  non si limita a narrare ciò che vede in maniera asettica, ma vi è appunto quell'elemento in più caratterizzato dalla libertà di descrivere con un filo di narrazione gli accadimenti presi in esame.
Libertà che solitamente manca al giornalista.
Tutto questo accade perché il giornalismo ha bisogno di scioltezza di velocità, mentre la narrazione ha bisogno di tempo, ed anche dal punto di vista personale emerge tale differenza come sottolinea la mia intervistata, infatti nel reportage narrativo c'è quel quid pluris dell'io narrante, totalmente assente nel reportage giornalistico.

Quanto è durato il workshop sul reportage narrativo?
Il workshop ha avuto una durata di otto lezioni in modalità online e si riproporrà quasi sicuramente in autunno con la collaborazione della libreria Vicolo Stretto di Catania.
Durante il corso all'inizio si svelano degli aspetti tecnici che durante la lettura possono passare inosservati e poi i partecipanti dovranno misurarsi con delle prove di reportage narrativo, naturalmente si tratta di piccoli test di scrittura, per chi desidera almeno per il futuro scrivere in maniera più impegnativa.
Tuttavia, vengono anche indicati dei testi, infatti, per mezzo di “una passeggiata con gli autori” che possa permettere al corsista di farsi un’idea ed acquisire una tecnica da utilizzare.
Le prime quattro lezioni hanno fatto leva, sulle indagini di alcuni autori, sulle loro descrizioni, i dialoghi, l'obiettivo del racconto, la tecnica di descrizione dei personaggi.
Rosa Maria mi fa notare che una caratteristica tipica del reportage narrativo è la condizione storica, si evidenzia infatti "il milione" di Marco Polo, che secondo Lei è stato il primo reportage narrativo della storia, perché Marco Polo aveva la possibilità di raccontare luoghi sconosciuti ai mercanti di allora con le conoscenze geografiche del suo tempo, ed aggiunge che lo faceva con una dovizia di particolari e di aderenza al reale, non è un caso che di tale testo poi divenne un best seller dell’epoca.
Quindi in questo testo c'era l'esperienza di Marco Polo che si mischiava con le indicazioni del viaggio, innegabilmente emergeva il suo punto di vista, per via di ciò, potremmo dire che si tratta del reportage narrativo di tutti i tempi.In fine, durante la nostra discussione abbiamo citato e commentato alcuni grandi di nome del giornalismo, come Oriana Fallaci, Giuseppe Severgnini e Sergio Ramazzotti vincitore del  Premio Leogrande 2020 con il libro "Su questa pietra", evidenziando come sia cambiato il modo di fare giornalismo nel tempo anche grazie alle varie innovazioni tecnologiche.
Se volete seguire l’intervista per intero cliccate sul link seguente: intervista a Rosa Maria Di Natale.

venerdì 17 luglio 2020

La mia intervista Simone Dei Pieri anche su 24live.it il giornale online di Barcellona P.G.

Qui potete leggere l'articolo della mia intervista a Simone Dei Pieri direttore artistico del Catania Book Festival pubblicata sul sito del giornale 24live.it Barcellona news
A seguire il testo.

Tutto è iniziato nel dicembre 2018 quando Simone Dei Pieri, ideatore del Catania Book Festival ha pensato ad un momento di incontro intorno al libro ed alla cultura poi concretizzatosi nell'aprile 2019 in compagnia di quello che è adesso lo staff del Festival del Libro e della Cultura di Catania.
Un Festival che sin da subito ha ricevuto grande attenzione da parte delle istituzioni locali, ma anche della Regione e della Camera dei deputati, ritagliandosi il ruolo di festival giovane ma già apprezzato e conosciuto. La città di Catania è sempre stata molto ricca di eventi più piccoli e spesso slegati tra loro, ed è mancato a lungo un Festival che fosse proprio della città.
"A questo abbiamo voluto lavorare noi con il Catania Book Festival!" dichiara Simone Dei Pieri, continuando: “Il nostro obiettivo è quello di dare uno slancio culturale ad una città ricchissima come Catania, alla quale però è mancato un Festival del Libro e della Cultura. Siamo felici di averlo potuto organizzare noi, ma abbiamo ancora tantissimo da fare!"
Lo staff del Catania Book Festival si compone di 7 persone. Oltre a Simone, lavorano al Festival Elisabetta e Ludovica Licciardello, Paolo Barbagallo, Marco Musumarra, Riccardo Milone e Riccardo Di Stefano.
Oggi Simone è il direttore artistico del Catania Book Festival, ma mi racconta che i libri fanno parte della sua vita da sempre, prima da piccolissimo con i fumetti di Topolino, poi con la collana dei Piccoli Brividi e, tra gli altri, “Le cronache del Mondo Emerso” di Licia Troisi, mi trovo davanti ad una giovane di soli 27 anni, pieno d’idee, d’iniziative, di voglia di fare e di diffondere il suo credo che poi altro non è che il messaggio del Catania Book Festival.
Per via della pandemia da Covid-19, il messaggio è cambiato sensibilmente e mentre prima il festival rappresentava perlopiù un'iniziativa culturale, adesso invece diventa un importante momento per portare all'attenzione di tutti, anche delle istituzioni, il riconoscimento del diritto alla cultura, diritto strettamente legato al diritto allo studio e spesso poco accessibile ai giovanissimi che, anche solo per la mancanza di una connessione internet, hanno difficoltà a reperire letture. 

La necessità primaria è quindi quella di avvicinare la cultura a tutti, rendendola accessibile ed alla portata di ognuno.
Negli ultimi anni dei passi sono stati fatti, basti pensare agli ingressi agevolati per i musei o ad interventi mirati nell'ambito culturale, ma si può fare di più come ricorda lo staff del Catania Book Festival.
Simone mi racconta anche di aver ricevuto insieme al suo staff, da parte del Salone del Libro di Torino, una telefonata amichevole durante la quale si sono complimentati per l'idea facendogli tanti auguri. "Una telefonata che ci ha fatto estremamente piacere, essendo noi un po' gli ultimi arrivati!"
Tuttavia, Simone è pur sempre un sognatore, instancabile ottimista e rivoluzionario: c’è chi lo vorrebbe
come editore, ma nonostante tutto preferisce rimanere il direttore artistico del Catania Book Festival,
perché lui tiene al suo lavoro, si occupa con passione e con dedizione al suo obiettivo, ossia quello di trasmettere il messaggio del festival.
Tuttavia, come ricorda il direttore, anche le presenze e la partecipazione all'evento sono elementi importanti, perché specie in un momento storico come questo in cui rilanciare la cultura su ogni fronte è fondamentale, tanto per i più grandi quanto per i più piccoli.
Non resta quindi che prepararci al Catania Book Festival, che si terrà dall'8 al 10 ottobre all'Istituto Ardizzone Gioeni di Catania, ma che non finisce lì.
"Il Catania Book Festival è una festa che dura tutto l'anno: con i Catania Book Days, gli incontri e gli eventi di lancio, non ci fermiamo mai!"
E non vediamo l'ora di tornare alla normalità per poterci godere questo evento e tutti i seguenti.

giovedì 16 luglio 2020

Intervista a Lara Di Carlo della casa editrice Pandilettere


Insieme a Lara di Carlo, abbiamo chiacchierato allegramente della sua casa editrice la Pandilettere, come è nata, dei suoi progetti e delle sue conquiste.
Lara ha un profilo fuori dall'ordinario, appassionata di lettura fin da bambina, cresciuta a pane e libri, ma libri buoni, collabora anche con Lisa Martino autore del libro "quelli che incontri a Roma e poite li scordi" un libro in formato tascabile, ovvero un misto fra guida turistica e libro artistico, pubblicato sempre con la stessa Pandilettere.
La sua ultima pubblicazione è "Petali nel fango" di Liselotte Parisi, un libro in cui vari stati d’animo e sentimenti si susseguono in maniera incalzante. Amore, odio, tenerezza, cattiveria, gioia, dolore, ed avvolgono il cuore della giovane protagonista Marlene.
Un testo scritto da una donna e per tutte le donne.
Sul sito della Pandilettere è possibile trovare le seguenti collane: Granelli di luce, Arcadia, Il grido della Selva, Pane, Anima ed Emozioni.
Lara è anche giurata per il premio Alberoandronico, collabora con le scuole per promuovere i libri della sua casa editrice,
ed ha partecipato con la Pandilettere alle fiere di: italiabook festival, book italy e buksummer.
Se vi piacere potete seguire la mia intervista al seguente link: intervista a Lara Di Carlo.

La mia intervista a Pietro Femia autore del libro "due soldi di carità"

Ci sono libri che ci narrano del passato, ma non mancano le occasioni, in cui le persone sono dei libri di storia, con la loro esperienza, la loro saggezza e la responsabilità frutto di una vita di fatiche e di sacrifici. Pietro Femia, autore del libro due soldi di carità, oltre ad essere uno scrittore, vincitore del premio Letterario Nazionale “Un libro amico per l’inverno” IX edizione 2020, gestito dall'associazione culturale GueCi con il Patrocinio della città di Rende , è un uomo di una certa età, ma che si legge e si racconta con fermezza ed incanta l'ascoltatore con la sua vita passata.
Libri per Noi ha avuto il piacere di poterlo intervistare, vi lascio leggere la nostra chiacchierata.

Prima di tutto chi è Pietro Femia?
Colui che cerca di trasmettere all'umanità la comprensione suprema.

Mi racconti un poco di Lei da dove nasce quest’interesse per la scrittura?
Per trasmettere una parte della mia conoscenza.
Da dove nasce l'idea di questo libro?
Dal commovente episodio di un ragazzo che diventa ricco, ritrova suo padre ridotto a chiedere l'elemosina.
Per scrivere questo libro si è ispirato a qualcosa o qualcuno?
No, a me stesso.
In quanto tempo è stato scritto "Due soldi di Carità"?
Allora, è stato pensato quindici anni or sono.
Quando hai scritto il libro c'è un a particolare categoria di lettore verso cui lei si è rivolto?
Verso tutti.
Aveva da sempre in mente questo titolo "Due soldi di Carità"?
Da circa quindi anni.

C'è in programma un secondo libro?
Si
Per descrivere il personaggio di Marco lei si è ispirato ad una persona della vita reale?
A me.
Dopo la pubblicazione del suo libro sotto quale aspetto è cambiata la sua vita?D

Un libro o un autore da leggere assolutamente secondo lei?
i libri di Steven King e Manfredi - Non giudico.
Le è mai venuto il blocco dello scrittore?
Quando non trovo affinità in qualche dialogo.
Con questo libro c'è un messaggio che avreste voluto comunicare?
Di ritrovare il rispetto, l'amore, l'onesta e il valore per la vita.
Ho saputo da sua figlia Gabriella che Lei scrive interamente a mano, possiamo dire che in parte ci sono dei risvolti autobiografici in questo libro?
Si
Ho saputo che Lei ha vinto il premio Letterario Nazionale “Un libro amico per l’inverno” IX edizione 2020, gestito dall'associazione culturale GueCi con il Patrocinio della città di Rende, cosa ha pensato quando è venuto a conoscenza della notizia?
Sono contento per il giudizio.

Ultime domande più personali:

Esseno un uomo vissuto si può ritenere soddisfatto della sua vita?
Da un lato si.
C’è qualcosa che vorrebbe ancora realizzare?
Trasmettere al mondo intero di cambiare rotta, niente guerre e rispetto per l'ambiente.
Rispetto al passato come vede oggi l’Italia?
Molto male. Ci vogliono leggi più severe e controlli in ogni settore.

Ringrazio Pietro per il tempo che mi ha concesso.

domenica 12 luglio 2020

Recensione di: Lezioni di felicità di Ilaria Gaspari

Un’opinione comune vuole che gli antichi fossero custodi di saggezza e di tradizioni tramandate nel tempo, se fra questi grandi saggi consideriamo filosofi di un certo spessore come Pitagora, Aristotele, Epitteto, Socrate ed altri ancora, ed  applichiamo i loro insegnamenti filosofici al vivere quotidiano improvvisamente scopriremo sfaccettature della vita mai considerate finora.
Lezioni di felicità di Ilaria Gaspari racconta la storia della scrittrice che dopo una delusione amorosa, dovendo affrontare i postumi dell’abbandono, decide di rispolverare i libri di filosofia studiati durante gli anni dell’università, affrontando sei settimane della sua vita secondo gli insegnamenti della scuola di: Pitagora, Parmenide, Sesto Empirico, Epitteto, Epicuro e Socrate.
Dalla scuola di ciascuno di questi grandi saggi apprende visioni del vivere del tutto nuove, conosce e valorizza la semplicità delle piccole cose, impara a coltivare il c.d. pensiero positivo, esercita, lo scetticismo ed il cinismo, non mancano marachelle varie dovute ad alcuni precetti al quanto bizzarri, come quello di stare lontano dalle fave oppure di chiedere ad un coccodrillo di restituire un bambino caduto nel Nilo, esempi pratici di difficile configurazione alla realtà contemporanea.
Nonostante il trasloco, l’incontro con il suo ex per farsi restituire dei libri ed altre situazioni ambigue, la scrittrice al termine delle sei settimane filosofiche ne verrà fuori con uno spirito del tutto rinnovato ed una visione della vita colma di significati e di valori, appresi dai grandi saggi del passato.

Secondo il mio punto di vista:
durante la lettura ho appresso molto della vita di Socrate, Parmenide, Epicuro, Pitagora, Sesto Empirico e di altri antichi filosofi greci, in particolare sono stato rapito dal pensiero della scuola eleatica e dal paradosso di Zenone. Quest’ultimo esamina il lancio di una freccia scandendo i vari istanti in cui la freccia arriverà al bersaglio, lo stesso di può dire della gara fra Achille e la Tartaruga, dove la testuggine rappresenta i piccoli istanti da vivere con maggiore intensità, mentre la corsa di Achille rappresenta la frenesia di arrivare all'obiettivo trascurando quei piccoli istanti tanto cari alla tartaruga.
Questi  ed  altri piccoli paradossi mi hanno fatto sfogliare il libro con particolare attenzione ed entusiasmo, colmando molte delle mie lacune in merito al pensiero degli antichi filosofi greci e permettendomi di riflettere sul significato della vita.
Il linguaggio è scorrevole in parte forbito, lo stile fluido e piacevole, fra i precetti più bizzarri ad esempio c’è quello pitagorico di stare alla larga da un campo di fave oppure di non camminare sulle strade maestre, oppure non mangiare ciò che è caduto, questi ed altri vengono interpretati in chiave ironica, come tanti altre regole filosofiche.
Evidentemente la filosofia è una scuola che sicuramente legge nell'animo dell’individuo cercando di donare valori e significati per un esistenza in pace con il cosmo, tuttavia, il testo è particolarmente indicato per chi ha già una conoscenza minima dell’argomento, nonostante la sua fluidità ed ironia, appaiono delle parole in greco antico, un sacco di riferimenti ad altri filosofi, note a pie di pagine per richiamare testi antichi ed altre scuole di pensiero. Anch'io in certi momenti, ho dovuto prendere appunti e documentarmi per cogliere alcuni significati e richiami indicati da Ilaria Gaspari.

In conclusione: il libro mi è piaciuto molto, perché da una parte desideravo scoprire come la scrittrice avesse cambiato vita e si fosse ripresa dalla delusione ricevuta, dall'altra sono stato rapito dalla curiosità di conoscere le abitudini, i precetti, gli insegnamenti e le vite dei filosofi antichi.
Lezione di felicità di Ilaria Gaspari è un libro scorrevole diviso in 7 capitoli con l’introduzione di “conosci te stesso”, perciò, si presta come un piccolo manuale ricco di perle di saggezza, ma per quanto mi riguarda se il lettore non ha un minimo di conoscenza della filosofia, meglio leggere qualcos'altro.
Vi lascio con alcune curiosità e frasi estratte da questo splendido libro:

  • "E allora inizio a ragionare in modo che non è il solito, e a dirmi: e se fossimo frecce immobili? Se il puntare verso qualcosa non fosse che un puro accidente, e non una direzione che ci attira, non un luogo verso cui è giusto andare, non una meta, non un obiettivo? Se non ci fosse nessun bersaglio, nessun moto a lungo, nessun centro in cui conficcarci; se non ci fosse altro che l’immobilità sospesa degli istanti?";
  • “Anche gli scettici, dunque, speravano di impadronirsi dell’imperturbabilità dirimendo l’anomalia degli eventi sia fenomenici che mentali, ma, non essendo in grado di riuscirci, sospesero il giudizio; e a questa loro sospensione segui casualmente l’imperturbabilità, come ombra a corpo”;
  • “Mi riferisco ad Apelle, di cui la filastrocca, che lo vuole figlio d’Apollo, dice che fece una palla di pelle di pollo (e tutti pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo).”;
  • “Ogni sapere dev'essere dunque soggettivo. Agli occhi dello scettico non c’è nulla che possa avere la pretesa di passare per vero: ogni cosa è incerta, e il saggio esercita un suo diritto (e un suo dovere) nel dubitare di tutto e nel sospendere qualsiasi tentazione di assenso alla verità delle cose”;
  • “Di tutti i beni che la saggezza ci porge, il più prezioso è l’amicizia” – Epicuro.


Dettagli sull’edizione italiana:
La copertina: Flessibile
Autore: Ilaria Gaspari
Lingua: Italiano
Data di pubbl.: 2019
Casa Editrice: Einaudi editore
Collana: Super ET Opera viva
Genere: Narrativa
Pagine: 154

sabato 11 luglio 2020

Intervista al direttore artistico del Catania Book Festival - Simone Dei Pieri

Fra tutti gli eventi rinviati alla seconda metà dell'anno c'è il Catania Book Festival, nella seguente intervista il suo direttore artistico Simone Dei Pieri, ci racconta di come è nato questo progetto, del bellissimo messaggio che vuole comunicare e di come ancora oggi manca da parte delle istituzioni il riconoscimento ad un diritto alla cultura, diritto diverso dal diritto allo studio ed esattamente come questo non accessibile a tutti.
Purtroppo durante l'intervista sono sorti dei problemi con l'audio, nonostante tutto le risposte di Simone si sentono forti e chiare, nella pagina presente vi riporto l'intervista scritta per esteso.
Altrimenti salvo le domande per l'audio, potete vederla al seguente link: Intervista a Simone dei Pieri

Da dove proviene questo tuo interesse verso il mondo dei libri?
Ho iniziato a leggere da piccolino, con i fumetti, con Topolino, poi sono passato ai più classici come l'uomo ragno, e poi da li è stato tutto un crescendo e sono passato, ai grandi classici come Harry Potter, le saghe fantasy, penso ad Eragon, la grande Licia Troisi con le cronache del mondo emerso, è quello fu il mio start, mangiavo molti piccoli brividi.
In realtà ero molto vario come genere, ma i fumetti sono stati il mio battesimo.

Può già comunicarci qualche anteprima sugli ospiti e sul calendario?
Allora, uno dei nostri ospiti sarà Costantino De Luca che è un grandissimo Blogger che ha creato "una pillola di Storia ogni Giorno", è un canale Social, con una community enorme, ed è un appassionato storico che ha creato queste pillole, di aneddoti ed eventi storici, creando ogni volta li prende dal National Geographic, da libri ad hoc,  facendo un lavoro di documentazione enorme, quando me lo ha raccontato non ci volevo credere, ci siamo conosciuti e messi in contatto, perché io amo molto la storia politica e da li lo invitato al festival, quindi dal 8 al 10 di ottobre ci sarà anche Costantino De Luca.

La fiera vuole comunicare un particolare messaggio?
Devo dire che il messaggio è cambiato, perché il messaggio che avremmo voluto era quello di "costruire sulla cultura", perché è importante più che mai capire che non è importante la cultura dei salotti, ma la cultura nel senso etimologico del termine, la parola cultura deriva da coltivare, coltivare qualsiasi cosa possa permetterci di crescere non solo come singoli ma come umanità, quindi bisogna coltivare, la lettura,  coltivare i mestieri. Questo messaggio che volevamo lanciare fino a maggio adesso è cambiato per via della pandemia, allora adesso bisogna ripartire dalla cultura, non dimentichiamoci che ci sono milioni di studenti che sono stati esclusi dalle lezioni online perché non hanno un cellulare, non hanno una buona connessione internet, non se la possono permettere, quindi quando parliamo di didattica online, non tutti se la possono permettere, quindi abbiamo pensato che fosse necessario non tanto cambiare il tema, ma cambiare il messaggio.
Quando fai un festival del libro e della cultura come il nostro, devi mantenere alta una bandiera, ovvero del rispetto e del coinvolgimento di chi non può accedere alla cultura, cosa che diamo per scontato, anche quando un libro cosa circa 10 - 15 euro, noi lo diamo per scontato, ma quanti giovani oggi non possono leggere.
Pensiamoci, sono percentuali disarmanti.
Ma noi che lo possiamo fare, abbiamo il dovere civico e storico di poterlo dare a tutti e di distribuire cultura, che ciascuno può fare quel che vuole, ma dobbiamo dare la possibilità a tutti e di cambiare.

Da quante persone si compone il Catania Book Festival e chi sono queste persone?
Lo staff del Catania Book Festival si compone di poche persone, una squadra di poco meno di dieci persone, che sono Elisabetta, Ludovica, Riccardo Di Stefano, Marco Bilone, Musarra, Paolo Barbagallo e poi ci sono i miei due soci che si occupano della parte amministrativa e legale, che sono appunto: Salvo Bruno, Daniele Ingarao, poi ci sono io che sono soltanto la punta dell'Iceberg ma poi c'è molto di più dentro questo staff e poi ci sono persone con cui ci confrontiamo quasi settimanalmente, per problemi, per idee, per proposte, per libri, per autori, ci sentiamo quasi giornalmente, quando senti dire io organizzo, preoccupati sempre, perché vuol dire che quella persone aldilà di un ego ipertrofico che io ho e rivendico orgogliosamente, è una persona matta, ma nella storia è sempre successo, perché anche i grandi generali sono passati alla storia avevano dei grandi consiglieri.
Questo perché le persone che ti stanno accanto io credo che siano fondamentali.

Con quali iniziative l’evento desidera “contaminare” gli altri e diffondere la cultura?
Noi in realtà è solo un momento di festa, è il più grande chiaramente, è un momento di festa, come quando ti vesti al meglio, ma non dimentichiamo anche, che noi lavoriamo veramente tutti i giorni dell'anno e lavoriamo anche per costruire tanti eventi, ad esempio uno su tutti si è verificato pochi giorni fa,  uno dei quali si è verificati pochi giorni fa, abbiamo donato dei libri al reparto di chirurgia pediatrica dell'ospedale Garibaldi di Catania abbiamo donato dei libri, io sono dell'idea che l'impatto sul territorio che deve avere un festival un evento, deve essere maggiore del meri evento, di quei tre giorni, dal 8 -10 ottobre e ci vediamo l'anno prossimo, perché tu devi lavorare per due tipi di festival, perché ci sono quelli che lavorano per lasciare un impronta, per creare qualcosa di bello, per lasciare qualcosa e poi ci sono quelli che lavorano per fare numero, noi cerchiamo sempre di capire il risvolto sociale, per cogliere il risvolto sociale, se non cambi il mondo è inutile.

Alla fiera ci saranno ospiti internazionali? Potrebbe anticiparci qualche nome? 
Anche qua non ti posso anticipare, ma ci sono, ti posso solamente dire che ci sono degli ospiti di rilievo di stampo nazionale che hanno dei riflessi a livello internazionale, ad esempio uno di questi è Andrea Iacomini di Unicef Italia, che ha effettuato degli interventi sul campo, donando guanti, mascherine, materiale sanitario in tantissime quantità, una persona veramente splendida.
Noi possiamo ritenerci fortunati perché ci sono persone che desiderano affiancare il loro nome al nostro.

Ho saputo che a novembre ha ricevuto l’attenzione del salone del libro di Torino, ciò vi ha incentivato per fare di meglio?
Si dici bene, nel novembre scorso eravamo nel pieno dei Catania Book Days, queste giornate che avevamo realizzato per portare i libri ad un livello più umano per avvicinare tanti autori ai libri.
Quello che è successo, insolitamente subito dopo che avevamo iniziato a lavorare, ci contattano dal salone del libro di Torino e di ci fanno i complimenti per il lavoro, è stato una cosa inaspettata.
Soprattutto da loro che sono degli esempi, sono persone che fanno questo lavoro da molto più tempo di noi, tutto ciò ci ha fatto molto piacere.
Monto spesso sono giovani oppure all'evento partecipano anche persone più anziane?
Agli eventi, di quelli che abbiamo fatto finora partecipano sia giovani che anziani, però semplificando, si devo dirti che è un problema che non sentiamo, perché alle presentazioni a settembre è stato possibile vedere, zii, nipoti, con i nonni accanto, ed è stato bellissimo vedere questo, perché mi sono reso conto del potere della lettura, perché unisce generazioni differenti, come se fosse un ponte, lo stesso libro lo legge mio nonno, lo legge mio nonno, si crea un ponte senza tempo, questo vale sia per i classici che per i libri recenti.

Lei come immagina il futuro dell’editoria italiana?
Oh Dio! Questo andrebbe chiesto ad un editore, devo dire che insolitamente io sono un poco in controtendenza, i lettori ci sono, ma bisogna rendere più facilmente l'accesso alla lettura, questo possono farlo solo gli editori, però è vero anche che per loro è un lavoro, quindi chiedere a loro di togliersi di tasca dei soldi, non è mai troppo bello. Quindi va fatta, una proposta che io auspico da tempo, ed anche complice la crisi che stiamo vivendo, per mezzo di un tavolo, con i privati, le istituzioni, con gli editori e le scuole soprattutto per cercare di trovare la quadra, ma perché la cultura, i libri, gli ebook, passa dalla volontà di coinvolgere tutti, nessuno escluso.
Pensa un attimo, se tu vai da un bambino che ha la possibilità di leggere, ma non lo ha potuto fare, bada bene, non che non ha voluto farlo, perché quello è libero arbitrio e ci sta mi sta bene, ma al quale hai tolto a priori la possibilità di leggere.
Automaticamente neghi il futuro di quel bambino, con un costo relativamente alto a livello sociale, perché quando quel bambino quando crescerà non avrà le stesse opportunità degli altri molto più ricchi di sapere e di cultura.

Tu faresti l’editore?
Si lo farei molto volentieri, non adesso, ho bisogno di studiare tantissimo perché un lavoro
delicato, magari in futuro.
Per ora sono contento di quello che faccio è lo faccio con le persone che stimo.

Un libro da leggere assolutamente e perché?
Ti consiglio, un libro di cui sono affezionato tantissimo Fact Fullness di Hans. Goslin, un libro pieno di grafici, però molto interessanti, che ci raccontano, come è cambiato il mondo in meglio, perché in realtà noi pensavamo che il mondo era pieno prima, ma in realtà non è così, allora lui lo fa con un strumento disarmante che sono i numeri, ci dice in realtà non è così per questo motivo, per questo motivo e questo motivo, ed è veramente un manuale che ogni tanto io rileggo quando sono scoraggiato, ma ti tira su con la sola brutalità che i numeri sanno fanno fare, in realtà c'è tanta strada da fare, il mondo non è ancora un paradiso, però tanto è già stato fatto.

Appuntamento dal 8 al 10 di ottobre? Dove?
Siamo a Catania dal 8 al 10 di ottobre, all'istituto Ardizzone Gioeni che è l'ex istituto d'istruzione per ciechi, veramente splendido, speriamo di accogliere tutte le persone, perché già su Facebook ci sono più di 3000 partecipanti, sai con le regole del distanziamento non la vedo facile, ma speriamo di poterlo fare, incrociamo le dita, da qua ad ottobre cresceranno.
Probabilmente metteremo lo schermo fuori, in piazza lo scherzo come fanno per le partite (ride), scherzi a parte, ci fa tanto piacere avere tanti partecipanti,

Quindi siete organizzati?
siamo a prova di bomba lo abbiamo già dimostrato in passato, la bellezza di avere uno Staff Così è proprio questa.

Simone Grazie.
Grazie a te è stato un piacere.
Vi aspetto tutti quanti a Catania dal 8 al 10 Ottobre a Catania, che dire seguiteci sui nostri social.

domenica 5 luglio 2020

Intervista a Daniela della nota libreria di Messina Bonanzinga

Nell'intervista in oggetto ho avuto il piacere e l'onore di scambiare due chiacchiere con Daniela Bonanzinga, della nota libreria di Messina, una persona ricca di storia, di cultura e che nel tempo nonostante le difficoltà non ha perso quella connessione forte con i lettori e con la tradizione dei librari trasmessa dalla sua famiglia.
Invito tutto a guardare l'intervista, poiché dura meno di un ora e da cui si evince un dialogo, scorrevole, piacevole e colmo di nozioni, di perle di saggezza, di storia della libreria e come la stessa Daniela sia cresciuta, rinata e rinnovata insieme alla sua attività.
Tradizione ed innovazione si mischiano per dare vita ad un luogo magico e senza tempo.
Buona visione.
Prima parte 1 e Seconda parte 2