sabato 18 luglio 2020

Intervista a Rosa Maria Di Natale relativa al workshop sul reportage narrativo



Nell’arco della vita si conoscono tante persone, ma poche dilettano il nostro intelletto con il loro immenso sapere. Ascoltare e discutere con Rosa Maria Di Natale, giornalista per Repubblica Palermo, ha suscitato in me, oltre che un onore, un’emozione senza fine.
Durante la nostra chiacchierata si è parlato del rapporto tra realtà e finzione all'interno del giornalismo e in particolare del reportage narrativo, genere che analizza fenomeni sociali contemporanei attraverso uno stile fortemente letterario.

Ho chiesto alla mia ospite se giornalista si nasce o si diventa?
Rosa Maria mi risponde senza troppi giri di parole, sostenendo che si può nascere con la voglia di raccontare il mondo e di osservare la realtà, però fare il giornalista significa immedesimarsi in un mondo di verifiche, dove bisogna esaminare ciò che accade ogni giorno attorno a noi, quindi, ciò presume la padronanza di una tecnica, una vita da dedicare ad un certo tipo di scrittura, ed anche se da una parte c'è la voglia di raccontare, una buona parte del mestiere si impara sul campo.
Poi ho spinto dalla curiosità del workshop sul reportage narrativo, ho fatto qualche domanda in merito, ovviamente, dalle sue risposte emerge chiaramente che dal reportage giornalistico bisogna tenere distinto il reportage narrativo, trattandosi pur sempre di due stili simili ma differenti.

Rosa Maria mi racconta che l'idea sul workshop del reportage narrativo nasce da una proposta alla libreria Vicolo Stretto di Catania, aggiunge anche che lo stile del reportage narrativo è uno stile ibrido a cavallo tra il reportage giornalistico e la narrazione, non perché il reporter narrativo si inventa le cose, ma gli è consentito in più l'elemento dei dialoghi, della descrizione dei luoghi, ergo,  non si limita a narrare ciò che vede in maniera asettica, ma vi è appunto quell'elemento in più caratterizzato dalla libertà di descrivere con un filo di narrazione gli accadimenti presi in esame.
Libertà che solitamente manca al giornalista.
Tutto questo accade perché il giornalismo ha bisogno di scioltezza di velocità, mentre la narrazione ha bisogno di tempo, ed anche dal punto di vista personale emerge tale differenza come sottolinea la mia intervistata, infatti nel reportage narrativo c'è quel quid pluris dell'io narrante, totalmente assente nel reportage giornalistico.

Quanto è durato il workshop sul reportage narrativo?
Il workshop ha avuto una durata di otto lezioni in modalità online e si riproporrà quasi sicuramente in autunno con la collaborazione della libreria Vicolo Stretto di Catania.
Durante il corso all'inizio si svelano degli aspetti tecnici che durante la lettura possono passare inosservati e poi i partecipanti dovranno misurarsi con delle prove di reportage narrativo, naturalmente si tratta di piccoli test di scrittura, per chi desidera almeno per il futuro scrivere in maniera più impegnativa.
Tuttavia, vengono anche indicati dei testi, infatti, per mezzo di “una passeggiata con gli autori” che possa permettere al corsista di farsi un’idea ed acquisire una tecnica da utilizzare.
Le prime quattro lezioni hanno fatto leva, sulle indagini di alcuni autori, sulle loro descrizioni, i dialoghi, l'obiettivo del racconto, la tecnica di descrizione dei personaggi.
Rosa Maria mi fa notare che una caratteristica tipica del reportage narrativo è la condizione storica, si evidenzia infatti "il milione" di Marco Polo, che secondo Lei è stato il primo reportage narrativo della storia, perché Marco Polo aveva la possibilità di raccontare luoghi sconosciuti ai mercanti di allora con le conoscenze geografiche del suo tempo, ed aggiunge che lo faceva con una dovizia di particolari e di aderenza al reale, non è un caso che di tale testo poi divenne un best seller dell’epoca.
Quindi in questo testo c'era l'esperienza di Marco Polo che si mischiava con le indicazioni del viaggio, innegabilmente emergeva il suo punto di vista, per via di ciò, potremmo dire che si tratta del reportage narrativo di tutti i tempi.In fine, durante la nostra discussione abbiamo citato e commentato alcuni grandi di nome del giornalismo, come Oriana Fallaci, Giuseppe Severgnini e Sergio Ramazzotti vincitore del  Premio Leogrande 2020 con il libro "Su questa pietra", evidenziando come sia cambiato il modo di fare giornalismo nel tempo anche grazie alle varie innovazioni tecnologiche.
Se volete seguire l’intervista per intero cliccate sul link seguente: intervista a Rosa Maria Di Natale.

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